The Callisto Protocol | Recensione - Un grande horror che stupisce | Game Division

2023-02-05 17:45:32 By : Ms. sophie wei

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Rimasto nell’ombra per un periodo di tempo, sembra che il genere dei survival horror stia tornando alla ribalta. Non è un mistero che a oggi esista un prima e un dopo Resident Evil 2 (remake) e che questo abbia spinto gli studi a tornare a sviluppare opere di livello, opere come The Callisto Protocol, una nuova IP, nonché primo videogioco di Striking Distance Studios, team composto da veterani del settore, tra cui anche da certi volti noti dell’universo di Dead Space.

Nato come uno spin-off di Battlegrounds e poi divenuto un’opera a sé stante, The Callisto Protocol ha subito creato un certo tipo di attesa nei confronti dei giocatori, che da anni sognavano un nuovo grande tripla A horror in grado di raccontare qualcosa di nuovo. Per essere il primo titolo del team, posso certamente dire che le premesse sono state rispettate se non addirittura superate, poiché l’esperienza che ho vissuto è senza alcun dubbio di livello, non senza difetti, ma certamente tra i migliori giochi dell’anno.

The Callisto Protocol vede come protagonista Jacob Lee, pilota di un mercantile concentrato sul suo ultimo lavoro prima del “pensionamento”: un carico deve essere infatti consegnato sulla luna morte di Giove, Callisto, sede di una famigerata prigione chiamata Black Iron. A seguito di una serie di eventi che non vi racconterò per non rovinarvi la vicenda, Jacob non solo si ritrova prigioniero in poco tempo, ma anche in mezzo a una vera e propria epidemia che sta contagiando il personale, trasformandoli in terrificanti creature.

Jacob, anche grazie all’aiuto di altri personaggi, dovrà cercare di fuggire per salvarsi la pelle, ma il suo percorso lo porterà a conoscenza di quello che sta realmente accadendo, affrontando situazioni al limite della sopravvivenza umana. Seppur la vicenda non sia nulla di particolarmente originale, cadendo in svariati cliché già visti e rivisti, devo ammettere che i ragazzi californiani hanno saputo svolgere davvero un lavoro certosino nel rendere il titolo il più cinematografico possibile. Non siamo dinanzi a dialoghi memorabili né tantomeno a colpi di scena inaspettati, ma alcuni momenti sono davvero esaltanti e donano un valore aggiunto a una produzione che profuma davvero di grande livello.

A dar maggior contesto a tutto, ci pensa una prova attoriale davvero importante da parte di tutti, anche se Jacob non è mai riuscito a entrarmi delle grazie come invece altri personaggi sono riusciti sin da subito (spesso anche non parlando). Poco male, visto che il vero fulcro dell’avventura rimane il modello di gioco.

Se c’è una cosa di cui voglio essere chiaro sin dall’inizio è che non si tratta di Dead Space, e ve lo scrive comunque una di quelle persone che durante l’annuncio lo ha subito messo a paragone. Chiaramente, non nascondiamoci dietro a un dito, delle chiare ispirazioni ci sono, d’altro canto dietro a The Callisto Protocol c’è Glen Schofield, che conosce bene il celebre gioco EA, ma nulla che con il passare del tempo non passi in secondo piano.

Le fameliche creature da cui dovremmo difenderci nel gioco, infatti, sono decisamente più resistenti dei cari vecchi necromorfi. Le armi risulteranno, almeno per buona parte dell’avventura, praticamente inutili, costringendoci a continui combattimenti all’arma bianca con il nostro manganello elettrico. Ed è proprio qua che The Callisto Protocol diventa un’anima a sé stante, un survival horror che non ragiona solo sulle munizioni accumulate, quanto più sulla destrezza e sui riflessi; spesso ci attaccheranno più creature contemporaneamente, ciò significa che dovremmo decidere come colpire, se schivare o puntare ad allontanarci, magari sfruttando il GRP (Gravity Restraint Projector) per scagliare oggetti o approfittarsi dell’ambiente circostante, come pale o spuntoni, per uccidere facilmente i nostri nemici.

Gli infetti sono duri a cadere e non lo nego: nelle prime ore ho passato più tempo a morire che a proseguire, segno che comunque la curva per padroneggiare tutte le meccaniche è molto più alta di quello che possa sembrare. Come se non bastasse, a un certo punto gli abomini cominceranno anche a evolversi, divenendo più veloci, potenti e assettati di sangue, tutto spetta alla nostra tempestività durante gli scontri per evitare che questo accada, mettendoci in una situazione ancora più complicata.

Oltretutto, curarsi richiede tempo e non è immediato, ciò implica che durante i combattimenti diventa praticamente impossibile potersi salvare all’ultimo istante. L’unica cosa da fare, quindi, è quella di allenarsi per imparare a difendersi, contrattaccare e schivare le potenti lacerazioni delle creature.

L’esplorazione è presente, Callisto nasconde diverse zone secondarie con un bel po’ di equipaggiamento da raccogliere, messaggi audio da ascoltare per conoscere meglio le vicende o Buoni di Callisto, questi ultimi utili per potenziare la nostra attrezzatura in speciali stampanti 3D presenti di tanto in tanto nei livelli. L’invito è sempre quello di guardarsi attorno e soprattutto smembrare ogni essere che eliminiamo, così da ottenere del bottino che potrebbe persino salvarci la vita.

Questo non è uno spoiler, bensì un dato di fatto che mi ha anche lasciato un po’ l’amaro in bocca: non è presente alcun NG+, e devo ammettere che ci sono rimasto male, perché in un videogioco come questo una nuova avventura integrando gli oggetti sbloccati stimolerebbe comunque la rigiocabilità. Non so se il team stia valutando di inserirla, ma me lo auguro fortemente, perché il titolo ne beneficerebbe davvero parecchio.

Se c’è una cosa che casca subito all’occhio una volta intrapresa l’avventura di Jacob è senz’altro l’incredibile comparto grafico e tecnico della produzione. Nonostante il team abbia optato per lavorare in Unreal Engine 4, il colpo d’occhio è fenomenale, rientrando di diritto tra i giochi graficamente più strepitosi che questa generazione ci abbia regalato sino a oggi.

Striking Distance Studios ha davvero lavorato in maniera sopraffina, sfiorando più volte il fotorealismo in diverse situazioni, in parte grazie anche a un comparto artistico riuscito e animazioni da grande titolo tripla A. L’utilizzo di molte tecnologie Unreal Engine 5 (soprattutto di motion capture) e l’integrazione dell’FSR (Fidelity Simple Resolution) sulle console, ha aiutato non poco a ottimizzare il tutto.

Ma una qualità di tale calibro, in questa enorme mole di effettistica volumetrica, particellari e quant’altro, dove la si paga in termini prestazionali? A esser sinceri, in nulla dal punto di vista tecnico: l’esperienza mantiene i 30fps con tanto di ray tracing attivo senza alcun problema, stessa cosa per quanto concerne la modalità prestazioni senza ray tracing a 60fps. Prestazioni eccellenti se si considera la resa visiva.

Se proprio devo accennare a dei limiti, mi sento di segnalare a un eccessivo uso dei caricamenti nascosti, vale a dire tutti quei momenti in cui il gioco ci obbliga a rallentare il percorso (magari facendoci strisciare tra condotti i cunicoli stretti) per dar tempo alla piattaforma di renderizzare la stanza successiva. Questi caricamenti sono piuttosto presenti e sul lungo andare mi hanno infastidito, anche se non sono chiaramente nulla di problematico per chi li considera parte integrante del gameplay.

Una grandissima nota di merito va fatta al comparto audio: la luna di Callisto non è solo terrorizzante da “vedere”, ma soprattutto da sentire. Black Iron e i vari luoghi visitati sono sempre cosparsi di rumori inquietanti e musiche pensate per farci sempre temere per un pericolo dietro l’angolo. Non vi sentirete mai al sicuro e cercherete sempre di guardarvi attorno per capire se qualcosa non va o se avete qualcuno alle spalle. Va comunque sottolineato che io non lo ho trovato così inquietante, sarà l’abitudine per i videogiochi horror o forse banalmente mi aspettavo qualcosa di diverso, ma nonostante l’atmosfera funzioni – e anche bene – non ho avuto particolari ansie a giocarlo di notte con le cuffie.

Buono il doppiaggio in inglese, frutto anche di un grandissimo lavoro sul motion capture (i volti mi hanno davvero lasciato senza parole per il livello di fedeltà visiva rispetto agli attori utilizzati), un po’ meno quello italiano, che soffre di una sincronizzazione del labiale non propriamente precisa che a volte stona un po’ durante l’avventura, in particolar modo nelle cutscene.

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